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E’ tardi, anzi tardissimo: sono le 23.02 e dopo aver chiuso la portiera di Duster-ino, caricato e vezzeggiato per un intero pomeriggio- sera, mi è piombato addosso il sonno.

Potrei riassumere i preparativi e fornire dettagli noiosissimi di come ho sapientemente (o almeno spero) organizzato gli oggetti in scatole e borsoni e scatole e borsoni nella macchina, ma nulla di tutto ciò ha una qualche importanza in questo momento: quello è il prima.

In compenso mi piacerebbe avere un sacco pieno di idee geniali per concludere questa giornata e riuscire così ad avviare con un’aura di solennità #destinationIceland, ma spuntano solo pacchettini sberluccicanti come fossero regali soffiati a Babbo Natale, raccolti a caso mentre lui era distratto dalle gnome in bikini. In sostanza credo di essere a una svolta e mi accorgo che funziona esattamente come quando sei sulla strada: ti chiedi come fare la curva prima di farla, mentre quando ci sei dentro o ti lasci sballonzolare fingendo di essere sugli autoscontri oppure contrai i muscoli per mantenere tutto il tuo aplomb. Valuta tu qual è la verve con cui sto prendendo la curva.

  • Mi chiedo come possa avere una qualche speranza di successo un qualunque viaggio su quattro ruote posto che si richiede di riporre la propria fiducia su oggetti minuscoli noti ad alcuni con il nome di “fusibili“. Il futuro fondato sulla fallibilità già di nome, figuriamoci di fatto;
  • niente come disporre di uno spazio limitato per stipare i propri oggetti (presunti) necessari ti fa capire quante possibilità hai e quanto poco le sfrutti. Chi parla di scarsità di risorse dovrebbe essere costretto a una serie infinita di partenze, ciascuna preceduta dalla preparazione di una valigia, almeno sino a che non gli sorgesse il dubbio che la scarsità è con buona probabilità solo una conseguenza dello spreco;
  • il giorno della partenza che hai cercato di avvicinare con tutte le tue forze ti fa un sorrisone nel tratto delle ultime ore e tu inizi a guardarti alle spalle chiedendoti se sia rivolto proprio a te;
  • si chiama partenza il fenomeno durante il quale non sei ancora dove vorresti essere, ma nemmeno più dove stanno iniziando a salutarti. Hai qualche piano, ma ti porta in un quando e in un dove che non conosci, per cui non riesci a mettere a fuoco i contorni di quello che potrebbe arrivare; allo stesso tempo gli ultimi mesi di preparativi pare si siano volatilizzati non solo nel tempo, ma anche dai cassetti dei ricordi e quindi c’è solo oggi, niente più ieri e chissà quale domani;
  • messe da parte le incombenze puoi concentrarti sulla meta, puoi ripensare all’Islanda e così, finalmente, ti accorgi di avere l’impressione di non ricordarla e ti viene il dubbio di aver sbagliato la tua scelta. In pratica potrebbero aspettarti 35 giorni dedicati ad un luogo che in realtà dovrebbe essere un altro;
  • quando la domanda più frequente delle ultime ore è “sei preoccupata?” e la tua risposta è “dovrei?” capisci che è giunto il tempo di levare l’ancora perché i preparativi hanno fatto il loro tempo, insieme alla tua pazienza;
  • vuoi partire in solitaria e hai appena aggiunto il pulsantone “FOLLOW MEalla pagina dell’itinerario perché chi lo desiderasse possa sapere dove sei con un margine di incertezza di una decina di minuti. Meno male che sei “Hermit” solo per una “Half”, altrimenti non ci crederebbe nessuno!