La Casa Rossa di Robert Peroni che affaccia sul fiordo di Tasiilaq, sulla costa orientale della Groenlandia.

Avevo deciso di andare in Groenlandia, ma l’idea di fare un tour per cercare di visitare il più possibile nel tempo a disposizione non mi soddisfaceva. Se l’Islanda era stata soprattutto un richiamo di luoghi, la Groenlandia era la terra degli inuit ed era questa “appartenenza” a interessarmi. Allora ho scritto a Robert (Peroni) nella speranza di ricevere un’indicazione e così ho capito che dovevo solo partire per la sua Casa Rossa e il resto del viaggio si sarebbe composto da sé.

Robert Peroni

“Noi non lo sappiamo, ma in realtà Babbo Natale è lui”. Lui è una pertica, ma il dubbio sorge per la sua risata che non è un “ah ah ah”, ma un rotondissimo ‘”oh oh oh”. E Robert ride spesso, nonostante la miriade di cose da fare e le imprevedibili stramberie dei viaggiatori: chi parte per la Groenlandia decidendo che non avrà bisogno di una giacca a vento e poi si ammala prima della fine del viaggio, chi si aspetta che la neve raggiunga la costa anche d’estate e dice un po’ deluso che la Groenlandia se l’aspettava più bianca, chi cerca un colpevole per i giorni di pioggia anziché gustarsi il tempo che scorre denso, chi giudica la vita a Tasiilaq senza il minimo interesse a capire perché sia fatta così… Ma Robert è abituato e forse nemmeno gli importa. Lui è qui perché ha trovato casa sua e negli inuit corrispondenza e ispirazione, allora prova ad aiutarli attraverso le attività della sua Casa Rossa. Loro si fidano di Robert e Robert fa tutto quanto gli è possibile per soddisfare le richieste dei viaggiatori nel pieno rispetto della vita di Tasiilaq.

Non voglio parlare per lui, comunque, perché lo fanno benissimo i suoi libri e lui direttamente quando sei suo ospite. Parlo invece del piacere che si prova nell’incontrare un uomo di più di settant’anni che scherza come un ragazzino ed è schivo se gli si chiede di parlare di sé, ma sempre pronto a dare indicazioni quando si è curiosi e rispettosi della sua casa.

“Mi auguro tu non sia venuta qui per me, ma per la Groenlandia”.

Ha ragione. Anche se è grazie a lui se esiste una realtà capace di mettere in contatto la tua curiosità e le esigenze della popolazione locale.

Raggiungere Tasiilaq

L’unica via per raggiungere Tasiilaq è passare per Reykjavik facendo un cambio di aeroporto: atterrati all’aeroporto internazionale di Keflavik, che si trova a una cinquantina di chilometri dalla capitale islandese, ci si dirige al Reykjavik domestic airport per prendere il volo verso Kulusuk; da qui si percorre l’ultimo tratto in elicottero o in barca fino a Tasiilaq.

Il viaggio, che al ritorno è stato solo una fastidiosa e interminabile resa al caldo e alla folla, all’andata è stato un graduale e lussurioso avvicinamento alla Groenlandia. L’arrivo al Reykjavik domestic airport, con i suoi quattro stanzoni e l’unico gate, ti fa intuire che stai entrando in un mondo più sobrio e meno affollato. Infatti sull’aereo per Kulusuk ci siete tu, una ragazza danese che sta andando a trovare il fidanzato che vive a Tasiilaq e due famiglie inuit, per il resto posti liberi ed eliche che girano fuori dal finestrino. A Kulusuk la pista è in terra battuta e l’aeroporto è fatto da un hangar per gli aerei e da un capannone per la gestione di passeggeri e bagagli; all’esterno nessuno in attesa e niente parcheggi, solo una strada anch’essa in terra battuta che porta al villaggio di Kulusuk, 400 abitanti o un mucchio di case che stanno in un unico scatto dall’elicottero.

Il volo in elicottero dura 15 minuti e offre una prospettiva alla quale si rinuncia con grande dispiacere: è come non essere del tutto in volo, sufficientemente vicini per distinguere chiaramente le dimensioni e i contorni di iceberg e case, ma al contempo abbastanza in alto da avere l’impressione di abbracciare un’ampia fetta della costa orientale. Come se la Groenlandia la stessi guardando in volto e non le stessi camminando addosso. Il trasferimento in barca offre una mezz’ora aggiuntiva per realizzare di essere a meno di un grado di latitudine dal circolo polare artico (latitudine di Tasiilaq 65°36′52″ N vs. 66°33’39” N latitudine del circolo polare artico), ma si può recuperare l’esperienza della navigazione durante il soggiorno, considerato che non ci sono alternative per spostarsi su lunghe distanze.

La Casa Rossa

Solo gli italiani la chiamano così. In realtà si chiama Utiili Aapalartoq, la versione groenlandese per the Red House. E’ concepita come un rifugio alpino: una decina di stanze senza servizi privati che affacciano su un ambiente comune dove si mangia (due pasti al giorno serviti da quattro donne del posto e preparati da un cuoco inuit) e si passa il tempo.

In realtà, oltre alla struttura centrale, esistono 5 “dependance“. Una è rossa come la parente maggiore e si chiama “Expedition Lodge”: esattamente a fianco della Casa Rossa, è una casetta di due piani che ospita gruppi di passaggio. Alle sue spalle si trova una sua versione più spartana e di colore verde che funziona nello stesso modo. Per gli ospiti più esigenti è stato creato l'”Hotel The Red House“, anch’esso rosso di nome e di fatto e caratterizzato da camere con servizi privati, che si trova un poco’ più distante dalla struttura centrale, ma più vicino all’eliporto e al “centro” di Tasiilaq. Proseguendo in salita sulla strada della Utiili Aapalartoq, si raggiunge la casa di Robert, perfetto rifugio per un eremita, se non fosse che sono state ricavate altre 5 stanze singole per le guide e i viaggiatori più flessibili. Per finire, in prossimità del promontorio più meridionale di Tasiilaq, si trova il campeggio gestito dalla Casa Rossa.

Capienza massima, campeggiatori esclusi, 54 persone che si ritrovano per i pasti nella sala comune della Casa Rossa, se necessario invadendo anche il tavolo della sala lettura. Alla colazione di pane e cereali, marmellate e speck, frutta sciroppata e uova, latte e yogurt, tè e caffè, segue la cena a menù fisso che va dall’antipasto al dolce. Il cuoco mixa gli ingredienti del posto con la tradizione altoatesina creando una cucina gustosa, abbondante e difficilmente alla portata di vegetariani e vegani.

Tre i tratti distintivi della permanenza qui:

  • non esistono piani prestabiliti e definitivi, ma si vive il momento adeguandosi alla variabilità della natura, che rende la nebbia imprevedibile come le condizioni del mare, e al rischio di comparsa degli orsi bianchi (fattore da tenere in considerazione quando si vuole attraversare a piedi un territorio affatto pianeggiate e, quindi, perfetto perché nanuq possa giocare a nascondino e spuntare a un palmo dal tuo naso);
  • i gruppi linguistici sono essenzialmente due, tedesco e italiano, con rare incursioni di inglese e francese. Le settimane passano registrando una sorta di alternanza tra la dominanza tedesca e quella italiana, con un’inevitabile suddivisione in schieramenti contrapposti che, però, si riesce a scombinare se si abbandona la comodità della lingua madre a favore dell’inglese o del desiderio di provare a capirsi in qualche modo;
  • gli inuit che lavorano con Robert ti ricordano che la curiosità non è sinonimo di invadenza, che il rispetto passa anche attraverso l’uso che si fa dello spazio e che la comunicazione non è fatta solo di parole.

Quel che si può fare stando alla Casa Rossa, invece, è tutta un’altra storia.