Betrand, uno dei viaggiatori incontrati durante il viaggio in Groenlandia, mentre cammina sulla calotta groenlandese.

La Groenlandia orientale non è solo terra e colore blu, ma è anche incontri che ti fanno conoscere una famigliarità nuova. Puoi vedere chiunque per la prima volta, ma avrai sempre la sensazione del déjà vu. Continuerai a chiederti “ma dove ti ho già visto?” anche quando sarai tornato a casa e mangerai la pizza nel cartone a casa dei vicini. Conosciuti in Groenlandia.

Lucia è italiana e fa la fotografa a Bruxelles. Secondo la regola generale della Casa Rossa per cui chi è ospite da tempo aiuta i nuovi arrivati a prendere le misure del nuovo mondo, mi accompagna nella casetta che mi farà da alloggio per una parte del mio soggiorno. I capelli corti le danno un’aria da ragazzina, ma le piccole rughe che le si formano agli angoli della bocca quando sorride preannunciano i suoi quasi quarant’anni. Per me è stata Miss Big Eyes per i suoi occhioni luccicanti, marroni e liquidi come la cioccolata calda. E’ arrivata a Tasiilaq con il desiderio di conoscere il posto e, come tutti, ha capito che serve tempo, quindi tornerà d’inverno.

Edith, invece, è tedesca. Sportivissima e sicura di sè, ha una chioma incolta e indisciplinata e una frangia che le arriva negli occhi azzurri senza che la cosa sembri disturbarla. E’ arrivata in Groenlandia grazie a Martin, la guida del suo gruppo di viaggiatori. Lo aveva conosciuto in Nepal dieci anni fa e poi si sono incontrati per caso sulle montagne della Germania la primavera scorsa. Lui le ha detto che non poteva non andare almeno una volta in Groenlandia, così eccola qui, pronta a salire in kayak con me per il suo ultimo giorno di viaggio. Parla un inglese imperfetto, ma molto pratico: arriva dritta al punto. Il suo viso spigoloso- molto maschile – contrasta con la sua ironia. Grazie a lei ho scoperto il gelato dell’ufficio informazioni turistiche, che mi sono impegnata a mangiare ogni giorno, intorno alle 16: Edith mi ha chiesto di prometterle di seguire il rituale, così sarà come se restasse in Groenlandia almeno sino a quando ci sarò io. Ha deciso che passerà l’ultima serata seduta sul portico della Casa Rossa fumando un sigaro e bevendo vino, nella speranza di vedere le balene e le luci del Nord. Alla fine partirà con il bottino di una stella cadente.

Anche Bertrand e Marina sono tedeschi. Lei insegna musica e vuole imparare l’italiano per via della sua musicalità. E’ dolcissima e incerta: potrebbe comporre intere frasi in italiano, se solo la sua mente non si svuotasse nel momento del bisogno, così chiede a Bertrand di tradurre in inglese dal tedesco. Lui è un medico. In una mezza giornata mi racconta la sua vita e l’intreccio con quella di Marina. Si erano conosciuti al liceo e poi persi di vista per almeno trent’anni. Conclude dicendo che il loro secondo incontro è stato l’inizio di una nuova vita per entrambi e che le donne sono i nuovi uomini. Mi sfugge il collegamento e provo a spiegargli le mie perplessità, ma non c’è modo di chiarire il mistero. Visto che Bertrand si era prestato a fare da comparsa nelle mie fotografie sull’ice-cap per questioni di ordine di grandezza, il mistero continua a perseguitarmi insieme al “ma dove ti ho già visto?”.

Hubert ed Helga parlano ladino tra loro, tedesco con chi parla tedesco e italiano con gli italiani. Cioè li invidi dall’inizio. Entrambi alti (ma proprio alti) e slanciati, sono camminatori esperti. Lui è silenzioso, pacifico e paziente, al punto che ho scommesso scatti foto impeccabili anche con tempi lunghi d’esposizione e senza cavalletto. Mi piace pensare che si travasino le parole, con Hubert che le risparmia per lasciarle usare a Helga. Mi hanno portata con loro su una cima nei dintorni di Tasiilaq, dove abbiamo assistito all’unico nevischio groenlandese della nostra permanenza, il che ha sancito la mia gratitudine eterna nei loro confronti. Siamo d’accordo che non appena capiterò dalle loro parti, passerò a salutarli.

Una menzione speciale merita Umberto, geologo vicentino impegnato a fare da guida a gruppi di italiani, che mi ha svelato il segreto della lavanderia con bagni pubblici di Tasiilaq e con il quale ho creato il mostro dell’attesa notturna per l’aurora boreale. La sindrome si è sviluppata nei gruppi italiani ed è arrivata a coinvolgere anche qualche tedesco che la mattina a colazione chiedeva il nome dell’app per le previsioni aurorali. Vicenza ha vinto su Bergamo per quanto riguarda gli avvistamenti delle luci del Nord, ma potrebbe arrivare presto il tempo per una rivincita.

Ultima citazione per il prof. Wilfried Korth, accademico tedesco che ha risposto con un entusiasmo commovente alla mia richiesta di informazioni sull’attività di ricerca che sta svolgendo. Sono 15 anni che Wilfried studia la calotta groenlandese e si appoggia all’esperienza di Robert Peroni per le traversate est- ovest, durante le quali raccogliere i dati sul campo. In pratica lui è uno dei numerosi volti invisibili che si chiedono come diamine funzioni la questione del cambiamento climatico. Wilfried parte ogni due anni per una traversata di circa un mese sull’ice-cap, durante la quale si trascina una slitta di 130- 150 kg; insieme a lui un paio di colleghi/ studenti. Ti spiega con semplicità l’attività che svolgono e le ragioni per cui nell’era dei dati satellitari resti necessaria una spedizione sul campo. Prima mostra grafici e poi una galleria di immagini scattate nelle precedenti traversate: la preparazione della tenda ogni sera, la distesa bianca della calotta a perdita d’occhio che sembra piana senza esserlo mai, lui che attraversa un piccolo corso d’acqua formatosi sulla superficie gelata. Ama il suo lavoro. Ha già chiari i suoi piani per il futuro. Spera soltanto che Robert continui a mantenersi in salute, perché la sua esperienza è fondamentale per organizzare le spedizioni. Senza considerare che 15 anni finiscono per legare con l’amicizia due uomini.

Al mio arrivo, dopo cena, ho conosciuto Daniela e Corrado. Lucia mi aveva detto che arrivavano da Bergamo, il che aveva fatto colare a picco il mio desiderio di conoscerli. Alla fine ho scoperto che abitano a Torre Boldone, a dieci minuti a piedi da casa mia. 100 m in linea d’aria. Ufficialmente mai visti prima, posso essere certa di averli almeno incrociati per strada per una questione di probabilità statistiche. Insieme ci lamentiamo di non essere più a Tasiilaq con la stessa perseveranza con cui abbiano iniziato a programmare il nostro ritorno invernale. Ci domandiamo inutilmente se incontreremo qualcuno che abbiamo conosciuto ad agosto: l’effetto groenlandese del déjà vu potrebbe farci inciampare in amicizie fatte in un’altra vita.