Fotografia scattata da The Half Hermit in una mattina di nuvole basse nei Fiori Occidentali d

Ci sono infiniti dettagli che potrei raccontare di questi 20 giorni di viaggio, alcuni molto personali e altri molto pratici. Ho invece la sensazione che mi manchi del tutto quella sfumatura di saggezza da “viaggio: una scuola di vita”, come se il mio viaggio fosse un scuola, ma con la q di quadro.

Confessioni molto personali

Ero incerta sulle temperature e quindi avevo deciso di portare due sacchi a pelo, uno per le temperature intermedie e uno per quelle più rigide. Poi sono arrivata in Germania e ho percepito la brezza mattutina con rugiada annessa e così ho concluso che era opportuno passare direttamente a quello per le temperature più rigide. E’ stato allora che ho scoperto di averlo lasciato a casa, ma la globalizzazione ha i suoi vantaggi, per cui ho recuperato l’attrezzo in corsa senza spese esorbitanti. Attualmente ho fondato il club dei sacchi a pelo sandwich. Sono le cerniere che sono un casino.

Parlare da sola è una delle cose che mi dà maggiore soddisfazione: è lì che nascono i colpi di genio che poi riciclo ai passanti, ignari di essere spettatori di serie B. Da quando sono sbarcata alle Faroe c’è una versione anglofona di me stessa che dice che ha bisogno di tenersi in esercizio. Peccato che, quando ci sono necessità relazionali e lei non ha voglia di spiaccicare parola, l’esercizio non valga più nulla e ceda volentieri il passo alla versione “non parlarmi, non ti sento”.

Giro con una cartina dell’Islanda in scala 1: 750.000, mentre quella con maggiore dettaglio è rimasta a casa, attaccata con l’itinerario del primo viaggio dell’inverno 2015. Questa non è nostalgia, è idiozia. In compenso resto stupita ogni volta che la strada che sulla cartina dovrebbe finire, nella realtà continui. Ieri ho deciso di seguirla per capire dove mi avrebbe portata e sono contenta di aver avuto il buon gusto di controllare la disponibilità di gasolio, altrimenti avrei dovuto bussare alla porta del proprietario dell’unica casa fronte oceano di quel fiordo che sulla mia cartina non ha nemmeno il nome. E’ così che si raggiunge l’ignoto?

Il cartello di pericolo caduta massi per i prossimi x chilometri che utilità ha? Ti avvisano che è venuto il momento di fare un ripassino degli anni vissuti e, nel caso, provvedere con le ultime telefonate riparatrici? Vederlo qui in Islanda mi ha aiutato a percepire tutta la precarietà della posizione di alcuni sassi e la gratitudine per la loro decisione di starsene lì immobili, in tutta la loro scomodità, almeno fino al termine del mio passaggio. Scopri così che certi sassi sulla tua strada non sono piacevoli sagome lasciate da uno sconosciuto Pollicino, ma lanci di palle da bowling del destino che non hanno accumulato punteggi umani.

Confessioni pragmatiche

Le cittadine islandesi hanno come elemento comune la stravaganza dei dettagli. Auto che da noi sarebbero dallo sfasciacarrozze qui vengono utilizzate come addobbi lungo le strade; aggeggi, aggeggini, ninnolini inutili, ma decisamente esilaranti sono accatastati in alcuni giardini o sui davanzali delle finestre; la distinzione tra case private e negozi od uffici è più sfumata di un acquerello sbiadito. Anche se, forse, se uno sapesse distinguere le parole scritte su alcuni cartelli, quest’ultima tipicità verrebbe meno.

Sconsiglierei l’Islanda a chi soffrisse di vertigini o claustrofobia, salvo attento studio dell’itinerario. In compenso consiglierei la punta settentrionale dei Fiordi Occidentali a chi ha ambizioni di talpa o di re del mondo: alle Isole Faroe avevo provato l’ebrezza dei tunnel a una corsia con piazzole ogni 50 m circa per consentire comunque il passaggio in entrambe le direzioni, ma non mi sarei mai aspettata una galleria con incrocio che ti fa pensare alle miniere di Moria; chi ha messo in bocca la frase “sono il re del mondo” a Di Caprio sul Titanic dovrebbe vergognarsi, certe cose si pensano solo dall’alto del Bolafjall.

Mai chiedere ad un islandese se gli piace vivere dove vive a meno che non si voglia essere guardati con un’aria di commiserazione del tipo “secondo te perché vivo qui? Ovviamente perché questo è il posto più bello dell’isola!”. Quindi il posto più bello dell’Islanda è l’Islanda e non discutiamone più.

Credo ci sia una grossa lacuna nelle guide turistiche sull’Isola, legata alle precauzioni d’uso o agli effetti collaterali: come per ogni rimedio naturale che si rispetti, se ne dovrebbe sconsigliare l’uso prolungato se non assistiti da validi professionisti del settore della sanità mentale.

Al termine delle confessioni, resta solo una domanda:

qual è la posologia corretta di somministrazione d’Islanda?